Celiachia e dieta: perché rivolgersi ad un nutrizionista

La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine (proteina contenuta in alcuni cereali quali: frumento, orzo, segale, farro, avena).

I soggetti geneticamente predisposti alla celiachia, manifestano una risposta immunitaria, a livello dell’intestino tenue, dopo l’introduzione di alimenti contenenti glutine come pasta, pane, biscotti ecc… a cui segue uno stato di infiammazione cronica con alterazioni morfologiche dei villi intestinali.

La patogenesi, è dovuta sia a fattori genetici (la malattia si presenta, infatti, in persone geneticamente suscettibili) che a fattori ambientali (l’esposizione dell’intestino al glutine) o fattori immunitari (le proteine dei cereali che non vengono completamente digerite dal pancreas in piccoli peptidi o singoli aminoacidi, determinano l’attivazione dei linfociti T associati alla mucosa intestinale).

La gliadina è il peptide immunogenico coinvolto ed è costituita da 277 aminoacidi.

Quali sono le forme cliniche di celiachia?

Spesso si tende a generalizzare con il termine celiachia, ma sapete che ne esistono più forme cliniche?

Vediamole insieme:

  • celiachia classica: si presenta con uno stato di diarrea cronica e, nei bambini, con l’arresto della crescita (in questo caso, l’esordio avviene subito dopo lo svezzamento),
  • celiachia atipica: si presenta con un esordio tardivo caratterizzato da sintomatologia sia intes1nale che extra-intestinale (ad esempio: anemia sideropenica),
  • celiachia silente: caratterizzata dall’assenza di sintomatologia eclatante,
  • celiachia potenziale: caratterizzata da esami sierologici (e/o genetici) positivi, ma biopsia intestinale normale.

Qual è la prevalenza della celiachia?

La prevalenza della celiachia, nella popolazione generale dei paesi occidentali, è di circa l’1%. Recenti studi epidemiologici hanno dimostrato che, in tempi moderni, la diagnosi la sua diagnosi avviene sempre più frequentemente in età adulta (45 anni), con due picchi nelle fasce di età 1-5 anni e 20-50 anni, e risulta essere più frequente nel sesso femminile (1:2,5).

La diagnosi viene effettuata attraverso la valutazione di alcuni segni e sintomi come:

  • diarrea cronica,
  • dolore e gonfiore addominale,
  • vomito,
  • costipazione,
  • arresto della crescita,
  • perdita di peso,
  • anemia sideropenica,
  • carenze vitaminiche,
  • carenze di zinco.

Successivamente, si procede alla diagnosi da laboratorio: i test che vengono effettuati prevedono la ricerca degli anticorpi come antiglutaminasi, anticorpi antiendomisio EMA, ma anche la genotipizzazione e la biopsia duodenale.

La dieta del paziente celiaco, deve escludere tutti i cereali contenenti glutine come grano, farro, orzo e kamut e introdurre nella dieta alimenti che ne sono privi come il mais, riso, quinoa, grano saraceno, miglio e amaranto.

Le conseguenze per chi è celiaco, e non segue una dieta priva di glutine, possono essere gravi come persistenza dell’atrofia dei villi intestinali, linfoma intestinale, adenocarcinoma dell’intestino tenue, carcinoma esofageo e carcinoma del colon: per questo è assolutamente indispensabile rivolgersi sempre al nutrizionista in caso di presenza dei sintomi sopra descritti in modo da effettuare una corretta diagnosi ed escludere eventuali altre patologie.

Una volta accertato il problema, si procederà con la modifica della dieta.

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